AIFA Idrossiclorochina nella terapia dei pazienti adulti con COVID-19 Update del 29 maggio 2020

AIFA Idrossiclorochina nella terapia dei pazienti adulti con COVID-19

Update del 29 maggio 2020 (precedenti pubblicazioni: 2 aprile 2020; 29 aprile 2020) 

La scheda sull'idrossiclorochina nella terapia dei pazienti affetti da COVID-19, aggiornata con una revisione critica delle ultime evidenze di letteratura, riporta le prove di efficacia e sicurezza disponibili al momento e chiarisce le motivazioni alla base della decisione di sospendere l’autorizzazione all’utilizzo di idrossiclorochina e clorochina per il trattamento del COVID-19 al di fuori degli studi clinici.

In considerazione dell’assenza di terapie di provata efficacia per COVID-19, si ritiene indispensabile fornire ai clinici elementi utili ad orientare la prescrizione e a definire, per ciascun farmaco utilizzato, un rapporto fra i benefici e i rischi sul singolo paziente.

Nelle prime fasi dell’epidemia l’uso off-label di idrossiclorochina è stato consentito, sulla base dei dati preliminari disponibili, unicamente nell’ambito del piano nazionale di gestione dell’emergenza COVID-19 e nel rispetto degli elementi riportarti nelle precedenti versioni della scheda.

Alla luce delle evidenze di letteratura recentemente prodotte e riassunte nel presente aggiornamento, l’AIFA ha sospeso l’autorizzazione all’utilizzo off-label del farmaco al di fuori degli studi clinici.

Le disposizioni di seguito riportate sono da estendersi anche all’utilizzo di clorochina.

Inquadramento L’idrossiclorochina (Plaquenil® cp da 200 mg o corrispondente generico) è un analogo della clorochina chimicamente molto simile e che ne condivide il meccanismo d’azione. È un antimalarico, attualmente utilizzato nel nostro Paese in campo reumatologico alla dose di 200 mg x 2 anche per periodi molto prolungati; esiste quindi ampia esperienza clinica (superiore rispetto alla clorochina) riguardo alla sua tollerabilità.

Perché alcune fonti indicano l’idrossiclorochina come un farmaco utile nella cura di COVID-19?

Razionale Idrossiclorochina (HCQ) e clorochina (CQ) (ed i loro metaboliti attivi) hanno dimostrato in vitro o in modelli animali di possedere un effetto antivirale attraverso l’alterazione (aumento) del pH endosomiale che è determinante per la fusione virus-cellula.

Tali farmaci inoltre interferiscono sulla glicosilazione dei recettori cellulari di SARS-COV-2.

Dati in vitro riportano che la CQ è in grado di bloccare la replicazione virale di SARS-COV-2 a dosi utilizzate nella pratica clinica. Oltre all’azione antivirale, entrambi i farmaci hanno un’attività immunomodulante che potrebbe sinergisticamente potenziare l’effetto antivirale in vivo.

Da studi in vitro sembra inoltre che gli effetti sulle cellule sono osservabili sia quando il farmaco è presente prima sia quando è presente dopo l’inoculo virale. CQ e HCQ si distribuiscono in tutto il corpo incluso il polmone dove sembrano concentrarsi.

La scelta di HCQ deriva da una maggiore efficacia in vitro; secondo uno studio recente, l’HCQ potrebbe essere attiva contro SARS-COV-2 a concentrazioni minori rispetto alla CQ. Quali prove di efficacia e sicurezza abbiamo a disposizione?

Studi clinici Studi al 2 aprile 2020 - esistono alcuni risultati aneddotici; - i risultati preliminari su più di 100 pazienti trattati in Cina sembrano dimostrare la superiorità della clorochina rispetto al controllo nel migliorare il decorso della malattia in pazienti con polmonite associata ad infezione da Covid-19; - una consensus pubblicata in Cina durante la pandemia a Huan ne caldeggia l’uso clinico e l’inserimento nelle LG. - uno studio osservazionale retrospettivo su una coorte di 940 pazienti con patologia reumatologica sembra dimostrare che, nel lungo termine, l’HCQ è più tollerabile 2 della clorochina (40% in meno di probabilità di sospensione per eventi avversi rispetto alla clorochina).

Aggiornamento al 29 aprile 2020 - 3 marzo 2020 (Chen J et al): Un RCT su 30 pazienti positivi al COVID-19 ha confrontato HCQ (400 mg die per 5 giorni) vs lo “standard of care” (SOC). L'esito primario misurato era il tasso di conversione negativo del tampone faringeo. Lo studio non ha riscontrato un miglioramento rispetto alla negativizzazione del tampone faringeo: dopo 7 giorni di trattamento il tasso era del 86,7% nel gruppo HCQ e del 93,3% nel gruppo SOC. - 30 marzo 2020 (Chen Z et al): i dati preliminari di un RCT su 62 pazienti COVID-19 ricoverati per polmonite di grado moderato, che ha confrontato HCQ (200 mg x 2 per 5 giorni) vs “lo standard of care” (SOC), rappresentato da antivirali, antibiotici, immunoglobuline e/o corticosteroidi, sembrano mostrare un miglioramento statisticamente significativo di alcuni sintomi e del quadro TAC. - 14 aprile 2020 (Tang W et al): i dati di un RCT in aperto su 150 pazienti COVID-19 ricoverati per polmonite che ha confronto HCQ (1.200 mg/die x 3 gg poi 800 mg/die per 2-3 settimane) vs SOC non meglio definita, non evidenziano nessuna differenza sull’esito primario (clearance virale a 28 gg).

L’unico risultato positivo deriva da un’analisi post hoc in un sottogruppo di pazienti che non assumevano antivirali in cui si osserva un maggior effetto sui sintomi.

La frequenza degli eventi avversi nei pazienti trattati con HCQ era del 30% (di cui 2 EA gravi: l’EA più frequente era la diarrea) vs il 9 % nel gruppo SOC. Complessivamente la qualità dei 3 RCT risulta molto bassa, in particolare da notare: la poca chiarezza circa le modalità di selezione dei partecipanti che comunque almeno nello studio di maggiore numerosità erano sintomatici da numerosi giorni (mediamente 16), la scarsa numerosità del campione, la mancanza delle condizioni di cecità e la presenza di uno standard di cura nei gruppi confrontati in cui erano presenti numerosi farmaci di non provata efficacia sul COVID-19, variamente associati fra loro; inoltre l’esito primario non sempre è clinico.

La qualità delle prove derivanti dagli RCT, valutata con il metodo GRADE, è nel complesso molto bassa.

Due studi retrospettivi (non ancora pubblicati ufficialmente) sull’utilizzo in emergenza dell’HCQ, da sola o in associazione con azitromicina, mostrano alcuni segnali di sicurezza di cui è importante tenere conto. - In un primo studio multicentrico internazionale su una coorte di 956.374 pazienti reumatici con uso prevalente di HCQ, il confronto fra coloro in cui è stato rilevato un uso incidente di azitromicina (323.122 casi) e coloro che hanno aggiunto incidentalmente amoxicillina (351.956 casi) mostra che alla combinazione di HCQ+azitromicina è associato un aumento del rischio di mortalità cardiovascolare a 30 giorni [HR 2,19 IC: 1,22-3,94]. Inoltre, nella stessa casistica, il rischio di eventi avversi gravi non è apparso maggiore nei trattamenti incidenti con HCQ (956.374) a breve termine (30 giorni) rispetto ai trattamenti con sulfasalazina (310.350).

Tale dato è stato confermato anche da un’analisi secondaria di casi consecutivi autocontrollata (Lane J et al). -Un secondo studio multicentrico condotto negli USA riporta i risultati di un’analisi retrospettiva su 362 pazienti di sesso maschile ricoverati per infezione da SARSCoV2 ed esposti a HCQ (97 pz.) a HCQ+azitromicina (113 pz.) o non esposti a HCQ (158 pz.).

L’analisi mostra che l'HCQ, con o senza azitromicina, non riduce il rischio di evoluzione verso la ventilazione meccanica, e al contrario si osserva un aumento del rischio di mortalità complessiva [HR 2,61; 95% CI:1,10-6,17; P=0,03] nei pazienti 3 trattati con HCQ da sola rispetto ai pazienti non trattati con HCQ. Inoltre nel sottogruppo dei pazienti in ventilazione meccanica non si è osservata nessuna differenza nella mortalità fra i pazienti esposti e non esposti a HCQ (Magagnoli J et al).

Mentre il primo studio è di dimensioni rilevanti e metodologicamente robusto, nel secondo caso la numerosità molto limitata di ogni gruppo osservato non consente di trarre conclusioni definitive e induce a suggerire l’esecuzione di studi randomizzati metodologicamente adeguati.

Aggiornamento al 28 Maggio 2020 Si sono rese disponibili nuove evidenze di letteratura provenienti da studi osservazionali.

Di seguito sono riassunti gli studi pubblicati su riviste internazionali peer-reviewed, più rilevanti dal punto di vista clinico, in cui fosse presente un gruppo di controllo e il cui endpoint fosse la mortalità. - Mehra et al.

È lo studio più recente e più numeroso condotto finora. Si tratta di un’analisi di registro multinazionale in cui sono stati analizzati i dati provenienti da 671 ospedali in 6 continenti e relativi ai soggetti ospedalizzati con diagnosi di infezione da SARS-CoV-2 nel periodo compreso tra il 20 dicembre 2019 e il 14 aprile 2020. I soggetti sono stati categorizzati sulla base di 4 distinti trattamenti di interesse (CQ, CQ + macrolide, HCQ, e HCQ + macrolide), mentre i soggetti ricoverati ma non esposti a nessuno dei suddetti trattamenti rappresentavano il gruppo di controllo. Al fine di rendere più omogenei i gruppi di confronto tutti i soggetti dovevano aver iniziato la terapia non oltre le 48 ore dalla diagnosi ed erano esclusi i soggetti in ventilazione meccanica o in trattamento con remdesivir.

L’analisi finale dello studio ha incluso 96.032 soggetti (14.888 nel gruppo di trattamento con clorochina/idrossiclorohina e 81.144 nel gruppo di controllo).

L’endpoint primario era rappresentato dalla mortalità ospedaliera, principale endpoint secondario era l’occorrenza di aritmie ventricolari clinicamenterilevanti . Dopo aggiustamento per numerosi fattori di confondimento, i trattamenti con CQ o HCQ, sia da soli che in associazione, si associavano ad un tasso di mortalità significativamente maggiore rispetto al gruppo di controllo. In particolare, a fronte di una mortalità del 9.3% nel gruppo di controllo, tale valore era pari a 18.0% nel gruppo trattato con HCQ (HR 1.33; 95%CI 1.22-1.46), a 23.8% nel gruppo HCQ+macrolide, a 16.4% nel gruppo CQ (HR 3.56; 1.22-1.53), e a 22.2% nel gruppo trattato con CQ+macrolide (HR 1.37; 1.27-1.47). Anche il rischio di insorgenza di aritmie ventricolari di rilevanza clinica, rispetto al gruppo di controllo (0.3%), era significativamente maggiore nei gruppi di trattamento attivo (6.1% per HCQ, 8.1% per HCQ+macrolide, 4.3% per CQ e 6.5% per CQ+macrolide). - Rosenberg et al.

È uno studio retrospettivo condotto negli Stati Uniti che ha valutato l’associazione tra uso di HCQ, con o senza azitromicina, ed esiti clinici (mortalità e arresto cardiaco) in pazienti affetti da COVID-19.

Nello studio sono stati inclusi tutti i soggetti ricoverati per almeno 24 ore, nella regione metropolitana di New York nel periodo 15-28 marzo 2020. Su un totale di 1.438 pazienti con COVID-19, il 51.1% aveva ricevuto HCQ + Azitromicina, il 18.8% solo HCQ, il 14.7% solo azitromicina e il 15.4% del campione non aveva ricevuto nessun farmaco.

Nel complesso, è stata osservata una mortalità pari al 20%.

Considerando le caratteristiche demografiche, la tipologia di ospedale, le condizioni preesistenti e la gravità di malattia, lo studio non ha riportato nessuna differenza nel tasso di mortalità tra gruppi.

Tuttavia, nel confronto con il gruppo che non ha ricevuto nessun farmaco, lo studio riporta una maggiore probabilità di arresto cardiaco nel gruppo HCQ+azitromicina (adjusted OR=2.13 [95%CI, 1.12-4.05] e non nel gruppo HCQ da sola (adjusted OR=1.91 [95% CI, 0.96-3.81] o azitromicina in monoterapia (adjusted OR= 0.64 [95%CI, 0.27-1.56]). 4 - Geleris et al. Studio osservazionale condotto in un unico centro clinico nella città di New York. Sono stati analizzati i dati di tutti i soggetti ricoverati per COVID-19 escludendo i soggetti intubati e quelli deceduti o dimessi entro le 24 dall’ingresso in ospedale, per un totale di 1.376 soggetti valutabili. L’endpoint primario (intubazione o morte) è stato confrontato tra il gruppo di soggetti trattati con HCQ (n=811; 58.9%) e il gruppo di soggetti non trattati con HCQ (n=565; 41.1%). Dopo un follow-up mediano di 22.5 giorni, l’endpoint primario era stato raggiunto in 346 soggetti (25.1%) e lo studio non ha mostrato alcuna associazione significativa tra l’endpoint e l’assunzione di HCQ (HR 1.04; 95%CI 0.82-1.32). - Mahevàs et al. Studio retrospettivo condotto in 4 ospedali francesi su 181 pazienti ricoverati in ospedale per COVID19 e polmonite che richiedevano ossigeno (2020).

Quattro differenti endpoint (sopravvivenza generale senza trasferimento in terapia intensiva, sopravvivenza in generale a 21 giorni, sopravvivenza senza ARDS, sospensione dell’ossigeno e dimissione) sono stati comparati tra un gruppo di 84 pazienti esposti a HCQ 600mg/die (nella maggior parte dei casi iniziata entro 48 ore dal ricovero) e un gruppo di 89 pazienti non esposti a HCQ. Nel gruppo in trattamento non si sono registrati miglioramenti clinici significativi in nessuno degli endpoint considerati, mentre il 10% dei pazienti nel gruppo HCQ presentano problemi all’ECG che richiedono interruzione del farmaco dopo un tempo mediano di 4 giorni dall’inizio del trattamento.

Nel complesso, sebbene in molti di questi studi siano state adottati opportuni aggiustamenti statistici, la loro natura osservazionale, il possibile bias di selezione nell’indicazione al trattamento e il fatto di essere stati tutti condotti in un setting ospedaliero, non consentono di trarre conclusioni definitive e generalizzabili in altri ambiti di utilizzo più precoce. Altri studi osservazionali hanno valutato come endpoint principale specifici eventi di sicurezza quali il prolungamento del tratto QT: - Mercuro et al. Studio di coorte in cui sono stati inclusi tutti i soggetti ospedalizzati con diagnosi di polmonite da COVID-19 trattati con HCQ in monoterapia (n=37) o in combinazione con azitromicina (n=53).

Un prolungamento del QTc>=500 millisecondi si è verificato nel 19% dei soggetti trattati con HCQ in monoterapia e nel 21% dei soggetti trattati con HCQ in combinazione con azitromicina. Un paziente del gruppo HCQ+azitromicina con un prolungamento dell’intervallo QT ha sviluppato torsioni di punta e successivamente altre aritmie ventricolari. - Bessière et al. Studio osservazionale in cui il prolungamento del QT è stato valutato sui soggetti ricoverati in UCT e trattati con HCQ in monoterapia (n=18; 45%) o in combinazione con azitromicina (n=22, 55%).

In un periodo d trattamento tra 2 e 5 giorni un allungamento del QTc è stato osservato complessivamente nel 36% dei soggetti; il 33% dei soggetti trattati con HCQ in monoterapia ha avuto un prolungamento del QTc>=500 millisecondi rispetto al 5% dei soggetti trattati con la sola HCQ. Ci sono, infine, una serie di altri piccoli studi osservazionali che hanno valutato in maniera retrospettiva l’utilizzo di HCQ, da sola o in combinazione con azitromicina.

Tuttavia l’assenza di un gruppo di controllo e le numerose criticità metodologiche rappresentate da bias di selezione e di valutazione degli endpoint (con un evidente rischio di un immortal time bias) rendono difficilmente interpretabili i risultati. L’accumularsi di queste nuove evidenze cliniche relative all’utilizzo di idrossiclorochina nei soggetti con infezione da SARS-CoV-2 sembra indicare un beneficio in termini di efficacia sempre più incerto e un profilo di sicurezza gravato da potenziali rischi.

In 5 attesa di acquisire ulteriori evidenze da studi randomizzati, l’attuale scenario impone pertanto l’adozione di misure restrittive a tutela della sicurezza dei pazienti.

Per quali pazienti è raccomandabile?

Linee di Indirizzo per l’uso terapeutico In questa nuova fase dell’epidemia, considerate le premesse sopra descritte, l’uso dell’idrossiclorochina, da sola o in associazione ad altri farmaci, non è autorizzato al di fuori degli studi clinici. Per analogia tale disposizione si intende applicata anche alla clorochina.

Linee di Indirizzo per l’uso profilattico Al momento l’uso profilattico è basato esclusivamente su osservazioni in vitro, per cui non esistono indicazioni neppure in merito alle dosi da utilizzare. L’uso profilattico deve essere quindi considerato esclusivamente nell’ambito di studi clinici.

Quali sono le raccomandazioni degli organismi internazionali?

EMA: Il 24 aprile l’Agenzia Europea ha richiamato l’attenzione sui rischi di reazioni avverse, anche gravi, associati all’uso dell’HCQ e CQ. In particolare, mentre eventi avversi possono manifestarsi anche a dosaggi terapeutici, le dosi più elevate possono aumentare ulteriormente i problemi legati alle alterazioni del ritmo cardiaco (QT lungo).

L’EMA è a conoscenza dell’attuale utilizzo di HCQ nell’ambito della pandemia COVID19 e invita i prescrittori ad un particolare monitoraggio oltre a sollecitare studi clinici sull’efficacia del farmaco nella COVID19.

In data 29 maggio l’EMA ha comunicato che, alla luce delle nuove evidenze relative alla sicurezza di idrossilorochina e clorochina, tali medicinali dovrebbero essere utilizzati solo nell’ambito di studi clinici o in programmi nazionali di gestione dell’emergenza unicamente in pazienti ospedalizzati sotto stretto monitoraggio. FDA: In data 28 marzo 2020 FDA ha rilasciato una emergency use authorization nei casi in cui non fosse possibile eseguire trial clinici. Il 24 Aprile la medesima agenzia avverte di essere a conoscenza di segnalazioni di gravi problemi del ritmo cardiaco in pazienti (ospedalizzati e non) con COVID-19 trattati con HCQ o CQ, spesso in associazione con azitromicina e altri medicinali che prolungano il QT, specialmente in pazienti con insufficienza renale.

Tali segnalazioni di reazioni avverse includono tachicardia o fibrillazione ventricolare o torsades de pointes e comprendono alcuni casi fatali.

La raccomandazione è quella di mantenere l’uso dell’HCQ all’interno di sperimentazioni cliniche o in un contesto ospedaliero che preveda uno stretto monitoraggio. WHO: L’utilizzo di alte dosi HCQ o CQ può essere associato a eventi avversi seriamente negativi per la salute. Gli antibiotici non devono essere usati come mezzo di prevenzione o trattamento di COVID-19.

In data 26 maggio 2020 WHO ha sospeso il braccio di trattamento con idrossiclorochina previsto nello studio SOLIDARITY. Si evidenzia tuttavia che in questo studio il dosaggio di idrossiclorochina era notevolmente maggiore rispetto a quello raccomandato nella precedente versione della scheda.

A quali dosaggi e in quali forme prescriverla e per quanto tempo?

L’utilizzo di dosi elevate di HCQ aumenta il rischio di eventi avversi.

Per tale ragione, anche nell’ambito di eventuali studi clinici, si raccomanda di utilizzare il dosaggio più basso e per il minor tempo possibile (5-7 giorni).

Per situazioni particolari si rimanda alla scheda tecnica: https://farmaci.agenziafarmaco.gov.it/aifa/servlet/PdfDownloadServlet?pdfFileName=footer_008055_013967_RCP.pdf&retr y=0&sys=m0b1l3

Chi può prescrivere il farmaco in emergenza COVID?

Modalità di prescrizione

L’ uso off label di HCQ e CQ al di fuori di sperimentazioni cliniche non è autorizzato né rimborsato dal SSN. 6 Quali sono i maggiori rischi in termini di reazioni avverse?

È essenziale che gli studi clinici che utilizzano HCQ e CQ prevedano opportune misure di minimizzazione dei rischi e un attento monitoraggio dei seguenti aspetti. Avvertenze (da scheda tecnica): Prolungamento dell’intervallo QT congenito o acquisito e/o con fattori di rischio noti che possono prolungare tale intervallo come: scompenso cardiaco, IMA, bradicardia (<50 bpm), precedenti aritmie ventricolari, ipokaliemia e/o ipomagnesemia non corrette. Ipoglicemia anche in assenza di terapia ipoglicemizzante (avvisare i pazienti di tale rischio). Insufficienza epatica o renale. Deficit di glucosio-6-fosfato deidrogenasi (G6PD), porfiria, psoriasi. Per altre informazioni sulla sicurezza si vedano anche gli studi recentemente pubblicati.

Per una trattazione completa vedi comunicazione AIFA del 31 marzo 2020. https://www.aifa.gov.it/documents/20142/1097058/2020.03.31_NII_clorochina_idrosssiclorochina_GP_consolidata+COVID19.pdf/c928750d-dcb2-f38a-41a1-1fbf6af7a767

Può essere prescritto o meno insieme ad altri farmaci?

Principali Interazioni (da scheda tecnica) con: - digossina (aumenta le concentrazioni plasmatiche) - ipoglicemizzanti (diminuisce la glicemia) - farmaci che prolungano il QT ( in particolare antiaritmici, antidepressivi triciclici, antipsicotici, alcuni antinfettivi) - antiepilettici - ciclosporina

Per altre informazioni sulle interazioni farmacologiche si vedano anche gli studi recentemente pubblicati e si consulti il sito: https://www.covid19-druginteractions.org/ per una trattazione completa vedi comunicazione AIFA del 31 marzo 2020


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