ODONTOIATRA: acquisizione dell’informazione relativa alla presenza dell’infezione da HIV

Il garante della Privacy ha ritenuto che un odontoiatra abbia effettuato un trattamento di dati personali in violazione dei principi di base del trattamento (art. 5 del Regolamento) per aver raccolto informazioni sulle malattie infettive tra le quali quelle relative all’HIV, all’atto di accettazione, indipendentemente dal tipo di intervento da effettuare o di piano di cura da intraprendere

Il paziente ha formulato un reclamo in relazione alla richiesta, da parte dell'odontoiatra, di compilare un questionario al fine di poter accedere ai servizi dentistici offerti presso il suo studio medico. Secondo quanto evidenziato, attraverso il suddetto questionario, distribuito e poi raccolto all’atto dell’accettazione del paziente, veniva richiesto, nell’ambito di una raccolta anamnestica generale, di evidenziare anche se si ha avuto (o si sospetta) di avere malattie infettive, quali tubercolosi, epatite A, B, C e HIV (AIDS).

Il paziente  ha rappresentato che, dopo aver fornito l’informazione relativa alla sua positività all’infezione da HIV, il medico avrebbe avvertito lo stesso di non poter prestare l’attività professionale richiesta, in quanto “la sua diagnosi di sieropositività all’HIV non gli permetteva di scongiurare un possibile contagio del personale e degli altri pazienti”. 

Secondo l'odontoiatra:

- “è una prassi consolidata, quella di svolgere, nell’esercizio della mia attività di medico chirurgo odontoiatra, indiscriminatamente ad ogni paziente che mi richiede un trattamento di qualsiasi genere, un’anamnesi generale sul suo stato di salute. Le informazioni richieste relative allo stato di sieropositività del paziente le ho ritenute finora indispensabili, al pari delle altre notizie riferite in anamnesi al momento dell’accettazione (..) al fine di formulare una corretta diagnosi del paziente stesso e la corretta programmazione del piano di trattamento più adeguato alla risoluzione di eventuali affezioni del cavo orale”;

- “la ablazione tartaro o igiene orale professionale, la quale non può essere mai eseguita previa una visita orale completa e che viene annoverata tra le prestazioni che il paziente che afferisce presso una struttura pubblica o privata per la prima volta può richiedere, non va considerata un trattamento medico di secondo piano. Essa, difatti, è un elemento cardine nella prevenzione delle patologie parodontali e talvolta costituisce il trattamento stesso o la fase iniziale di un trattamento più ampio e complesso mirato alla risoluzione delle patologie che interessano i tessuti di supporto del dente (gengivite e parodontite), delle quali lo stato di immunodeficienza è un fattore predisponente. A tal proposito, la visita che precede il trattamento dovrebbe non solo basarsi sull’esame obiettivo del paziente ma anche sulla raccolta di tutti i dati che possono portare ad un corretto inquadramento delle condizioni del paziente, al fine di raggiungere gli obbiettivi del trattamento stesso o evitarne eventuali effetti negativi”;

- “le informazioni richieste relative allo stato di sieropositività del paziente al momento dell’accettazione, non riguardano in alcun modo tutte le misure di precauzioni e prevenzione delle vie di trasmissione (diretta o indiretta) della patologia tra paziente-medico, né medico-paziente, né paziente-paziente, le quali vengono messe in atto, in ogni caso e secondo quanto previsto, a prescindere da quanto riferito dal paziente (che ad esempio potrebbe anche non essere a conoscenza della sua sieropositività)”, precisando che “qualora avessi conoscenza dello stato di sieropositività di un paziente, potrei, senza in alcun modo discriminare l’individuo affetto da tale patologia, nell’ambito della gestione della mia attività professionale, predisporre misure di prevenzione aggiuntive a quelle essenziali e obbligatorie già previste dalle normative, aumentando i già elevati standard di sicurezza e di igiene predisposti nella mia attività professionale, nell’esclusivo interesse dei miei pazienti e di me stesso”.

Il garante ha ritenuto che in ogni caso, ove, in generale, la richiesta di acquisire le informazioni avvenga al momento dell’avvio della relazione medica in vista della corretta programmazione del piano di cura più adeguato al singolo caso, lo specialista può legittimamente raccogliere anche il dato relativo all´eventuale presenza di un’infezione da HIV, se la predetta informazione anamnestica sia ritenuta dal medico curante necessaria in funzione del tipo di intervento sanitario o di piano terapeutico da eseguire sul paziente, ferma restando la volontà del paziente di decidere, in modo consapevole (e quindi informato) e responsabile, di non comunicare al medico alcuni eventi sanitari che lo riguardano.

Si è evidenziato, sul punto, che non spetta al Garante analizzare la pertinenza e la necessità delle informazioni raccolte per perseguire la specifica finalità di cura, in quanto si tratta di una valutazione di tipo tecnico scientifico e non giuridico, di competenza unicamente dello specialista sanitario, il quale è chiamato a considerare tutti gli aspetti relativi allo stato della salute che possono rilevare ai fini della cura di un paziente.

Ciò premesso, se la raccolta delle informazioni relative alla presenza di malattie infettive (ivi compresa l’infezione da HIV) è avvenuta nell’ambito dell’attività di cura da parte dell'odontoiatra, il presupposto giuridico di tale raccolta sarebbe rinvenibile nel perseguimento di una finalità di diagnosi, assistenza o terapia sanitaria, indicata nell’art. 9, par. 2, lett. h) del Regolamento.

Tuttavia, si rileva che la predetta attività di cura non è stata, in concreto, realizzata, considerato che lo specialista ha comunicato al paziente di non poterlo sottoporre alle prestazioni richieste. Pertanto, anche ove in linea con l’assunto secondo il quale la citata raccolta sarebbe avvenuta nell’ambito dell’attività di cura, e tralasciando gli eventuali profili di deontologia medica, sui quali l’Autorità non è competente, la circostanza che la prestazione medica non sia stata, nei fatti, attuata per volontà del medico, fa venir meno il presupposto giuridico fondante il trattamento dei dati relativi alla salute, in particolare, consistente nell’acquisizione dell’informazione relativa alla presenza dell’infezione da HIV.

Emerge, quindi, che la raccolta della predetta informazione non ha avuto il fine concreto di valutare la migliore terapia per il paziente, offrendogli la prestazione richiesta, eventualmente anche con un rafforzamento delle protezioni dal rischio del contagio (la cui adozione, si ricorda, è, in ogni caso, con riferimento a quelle di carattere generale, obbligatoria per tutti gli operatori, nelle strutture sanitarie ed assistenziali, pubbliche e private; a queste si aggiungono le precauzioni specifiche per gli operatori odontoiatrici, “considerato che, allo stato attuale delle conoscenze scientifiche, non è possibile identificare con certezza tutti i pazienti con infezione da HIV”-cfr. premesse e artt. 1 e 4 del citato d.m. 28 settembre 1990), quanto, piuttosto, quello di allontanare il paziente rifiutando le cure dallo stesso richieste.

Pertanto si rileva l’illiceità del trattamento di dati personali effettuato dalL'ODONTOIATRA, in violazione dell’art. 5 del Regolamento, nei termini di cui in motivazione.

FONTE

Ordinanza ingiunzione - 10 giugno 2021 Registro dei provvedimenti n. 239 del 10 giugno 2021 doc. web n. 9677521

leggi qui https://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/9677521


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